“La scuola è socialità, crescita, confronto”.
Sono queste le parole del dottore Antonello Sinatra, pediatra e neuropsichiatra infantile di Paternò, che chiede e auspica per gli studenti della sua città e di tutta Italia, il ritorno sui banchi di scuola, nel pieno rispetto delle regole che garantiscano la sicurezza nel normale svolgimento dell’attività didattica.
Di recente proprio nel comune etneo, sono nate alcune polemiche relative ad un’ordinanza del sindaco che sospendeva l’attività didattica e che ha suscitato un dibattito sempre più acceso, riguardo alla scelta di fare o meno le lezioni in presenza, tra genitori, insegnanti e ragazzi, che più di tutti ne stanno subendo le conseguenze.
Numerose ricerche dimostrano infatti che le pause della didattica in presenza, a causa del COVID-19, potrebbero acutizzare i divari esistenti sia sull’aspetto didattico che psicologico. Un’indagine recente del Centro Studi del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi nell’ambito delle attività congiunte con il Ministero dell’Istruzione per dare supporto alle istituzioni scolastiche nel periodo dell’emergenza, ha mostrato come il 54% dei giovani soffre la mancanza delle lezioni in presenza.
“Se non poniamo rimedio a questa situazione – sottolinea il dottore Sinatra – potremmo andare incontro a diverse problematiche come l’isolamento sociale. I ragazzi soprattutto nell’età dell’adolescenza, hanno bisogno di uscire dal nucleo familiare e dal nido materno per fare gruppo, per socializzare con i propri coetanei. La scuola rappresenta non solo il luogo dell’apprendimento formale, ma anche dell’incontro con i propri simili, in modo da costruire quei gruppi di rafforzamento evolutivo che consentono agli adolescenti di trovare un senso alle difficoltà che il passaggio dall’infanzia all’età adulta comporta. Ma non solo l’eccessivo uso di dispositivi virtuali può creare dei danni sul piano della motivazione, facendo venir meno la relazione con insegnanti e compagni. Le tecnologie infatti non supportano il processo didattico svolto in presenza, ma lo sostituiscono costringendo ragazzi e ragazze a una frequentazione di dispositivi tecnologici e digitali che non hanno nulla né di sensoriale, né fisico, né materico. I contraccolpi di queste chiusure ed incertezze – continua Sinatra – saranno davvero evidenti fra qualche mese. Nei bambini e nei ragazzi si stanno manifestando segnali di malessere depressivo orientate in particolar modo a indolenza e refrattarietà rispetto ai compiti e alla responsabilità della vita in questo momento specifico della crescita. Questo potrebbe portare ad assumere comportamenti autolesivi di varia natura, ma anche aggressivi legati a vissuti di rabbia, di frustrazione ingestibile e di assenza di prospettiva in quanto questa situazione sembra non avere ancora una conclusione”.
Nonostante insegnanti, dirigenti scolastici e genitori abbiano lavorato duramente per mantenere alto il livello di apprendimento, non può essere paragonabile a quello fornito in classe.
Inoltre, secondo l’opinione delle società mediche di igiene e pediatria e lo studio apparso su Eurosurveillance, condotto dai ricercatori dell’istituto norvegese di Sanità pubblica di Oslo, i bambini svolgono un ruolo molto meno significativo nella diffusione del virus rispetto agli adulti. Tenendo conto dei tassi di infezione e delle risorse disponibili, asili nido, scuole materne e scuole elementari dovrebbero essere prontamente riaperte. Per i bambini, ciò dovrebbe essere possibile senza restrizioni eccessive, come il raggruppamento in gruppi molto piccoli, l’implementazione di barriere, il distanziamento sociale o indossare mascherine.
“I bambini di età superiore ai 10 anni e gli adolescenti – conclude Sinatra – sono in grado di comprendere e assimilare meglio le norme igieniche. Mantenere una distanza adeguata, indossare le mascherine e igienizzare le mani anche quando entrano in contatto con gli altri durante i pasti e quando usano i servizi igienici. Allo stesso modo la protezione di insegnanti, educatori e caregiver”.